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Angelo Rizzato

<< La mia naja >>

penna.gifSono arrivato alla Compagnia Genio Pionieri della Tridentina Caserma "VODICE" nel Dicembre del 1968, dopo il CAR avanzato di Cuneo, 2° Reggimento Alpini caserma Cesare Battisti.

Dopo alcuni giorni c'è stato il cambio del comando della caserma Vodice, dal Cap. Renato Pagano con il Cap. Antonio Manco.
Nelle prime giornate nella caserma ho incominciato la mia serie infinita di guardie e piantone. Durante la mia prima guardia assieme con un' altro geniere "filtro", è arrivata l' ispezione ( un colonnello) e naturalmente non sapevo come comportarmi, nessuno mi aveva spiegato come bisogna comportarsi in caso d'i ispezione. Al CAR mi avevano insegnato di tutto, ma non come ci si comporta in questo caso. Non vi dico la reazione del Cap. Manco: ha aperto una scatolina di cacca e con un cucchiaino me ne ha data tanta, ma tanta; ma quello che non sopportavo era il fatto che non potevo dare nessuna spiegazione a mio favore, perché dovevo stare sull' attenti e come tale non potevo rispondere. E da quel momento tra di noi c' è sempre stato un rapporto di " amore - odio ".
Finalmente dopo tre mesi arrivano i miei parenti, e sono uscito con un permesso giornaliero: bello rivedere i propri famigliari e passare tutto il giorno fuori dalla caserma.
Il rancio: arrivando da Cuneo dove eravamo in 2000 circa, mi ritrovo in una compagnia con massimo 100 alpini, mi sembra di essere in albergo, i pasti serviti nei piatti (favoloso), finché non prende il comando il nuovo Cap. Manco e subito dopo alcuni giorni il rancio viene servito in vassoi di acciaio ( sempre unticci, perché lavati quasi sempre con acqua molto, ma molto tiepida).
Così si va avanti, fra marce e marce, fino a che arriva il momento del "campo invernale": che inferno .Siamo partiti da Bressanone di buon mattino e come prima tappa siamo giunti a Milan, dopo il rancio serale ci prepariamo al pernottamento, sacco a pelo e tanto fieno.
E camminando, camminando scaliamo il passo Falzarego per raggiungere Araba, dove ci accampiamo in prossimità di un bosco, incominciamo subito a scavare la neve per costruirci una Truna profonda circa 1.80 m finché non troviamo la terra e la copriamo con dei teli tenda, ogni uno di noi ne aveva uno e tutti e cinque messi assieme l' abbiamo ricoperta e come riscaldamento avevamo in dotazione una candela e questa, accesa, ci portava una temperatura di zero gradi.
Alla mattina seguente, ci svegliamo con una sorpresa; nella notte sono caduti circa 40/45 cm di neve. Ci prepariamo la colazione (se vogliamo chiamarla così), una razione K, raschiando la neve per farci il caffè con delle gallette e così abbiamo soddisfatto la nostra fame. Ci prepariamo con il nostro zaino affardellato in spalla, ci avviamo a salire verso il passo Pordoi: naturalmente la strada era piena di neve e gli spazzaneve non l'avevano ancora pulita, immaginarsi quanta fatica. Subito dopo aver superato il passo, scivolo e mi procuro una distorsione al ginocchio destro. Subito dopo arriva una campagnola con a bordo il nostro Capitano che, viste le mie condizioni, mi fa salire nella campagnola e mi porta fino ad Alba di Canazei in un magazzino (almeno riparato dal freddo e niente fieno).
Tre giorni dopo, di buon mattino, zaino in spalla e via verso il passo Sella (nel frattempo il mio ginocchio si è sgonfiato ma non guarito), dopo il passo scendiamo verso Selva di Valgardena e lì aspettiamo i camion (i famosi CM) che poi ci porteranno in caserma. Finalmente questo campo era finito, una bella doccia e in branda.
E nei giorni successivi, sempre la solita vita di caserma con guardie, marce, marce, piantoni e servizio cucina, ecc…. , Un giorno mi arriva l'ordine di trasferimento alla caserma Vittorio Veneto di Bolzano con altri 6 Genieri, dove incominciamo il corso di Antisabotatore. Nei primi giorni si comincia con della teoria e poi si passa nella pratica: bellissimo, mi sono divertito. Da Bolzano ci trasferiscono al lago di Caldano e lì completiamo l'addestramento.
Finita questa pacchia, ritorniamo alla Vodice a fare la solita vita di caserma. Ogni tanto la compagnia era chiamata da privati per allargare strade di montagna con del tritolo e noi eravamo esperti in questo settore una cosa diversa dalle solite.
Nel Giugno del 69 una parte della compagnia si trasferisce a Pederü (visto per la prima volta, sembra un paradiso dimenticato da Dio), come sistemazione, una tenda formata con dei teli abbottonati assieme, spifferi da tutte le parti: ma i capi dicono "siamo in estate e con dobbiamo preoccuparci", però il 4 di Luglio cadono 20 cm di neve, ma va bene lo stesso: siamo in montagna e cosa dobbiamo pretendere. Il nostro compito è quello di allargare e mettere in sicurezza la strada che porta dal rifugio Pederü al rifugio Fodara Vedla / Sennes. La strada è stata tracciata su un canalone del monte Col della Macchina. E fra i buchi praticati con i perforatori e le esplosioni di tritolo programmate, arrivano i rinforzi: i nostri "nipoti" e per uno di loro mi becco 10 giorni di C.P.R. con la motivazione: "ho procurato una crisi isterica" (chissà che guaio). La causa è stata il rifiuto da parte sua di cantarmi la "ninna nanna" : roba da matti. Ma al momento del mio congedo il nipote mi ha chiesto scusa. Si arriva ad Ottobre quando il nostro Capitano ci promette una licenza premio se si terminava nel periodo che loro avevano stabilito ( mai vista la licenza, se non quella ordinaria).
Oltre la strada di Fodara, avevamo da sistemare anche quella che porta al rifugio Fanes / Lavarella molto meno faticosa, lascio questo posto con un po' di nostalgia per l'amore delle montagne ma anche con la gioia di non dovere andare su e giù 4 volte al giorno-
In caserma ci sto/stiamo ben poco, arriva l'ordine di trasferimento per la Val Gardena, a Santa Cristina, con il nostro Serg. Magg. Zaccaria , il mio e nostro compito è quello di preparare le baracche Morteo nell' occasione del campionato del mondo di sci del 1970. A parte il freddo "boia" era bello! Ogni fine settimana andavamo in permesso di 36 ore, finché un sabato il permesso non ci viene concesso ( un guaio, eravamo senza soldi), ma in due-tre decidiamo che alla domenica facciamo una fuga. Dopo la sveglia decidiamo di andare lo stesso con autostop ( sempre con cautela ), arriviamo Ponte Gardena si sale in treno e via. Al ritorno, come sempre da Ponte Gardena a Santa Cristina con autostop. Arriviamo all' entrata e subito il capoposto ci dà una brutta notizia: quella che alla mattina hanno fatto l'appello (mai successo) e naturalmente al nostro turno, non risponde nessuno (un bel guaio)-
Al mattino successivo, veniamo chiamati dal nostro Serg. Magg. Zaccaria a presentarci a rapporto dal Colonnello per spiegare il motivo di questa "fuga". Allora uno ad uno diamo le nostre versioni, naturalmente è incaz..volato nero e comincia a punire: io ricevo, a 25 giorni dal congedo, 10 giorni di CPR - 20 giorni di CPS e 30 Giorni di consegna: "favoloso".
Dopo questa splendida avventura si rientra in caserma (che gioia!!!!): il nostro Capitano non vedeva l'ora di punirmi (ero il più anziano): dopo l' adunata mi fa uscire dallo schieramento me ne dice di tutti i colori fino a "Sei la pecora nera della Vodice".
Una delegazione del mio scaglione chiede di andare a rapporto dal Capitano per ottenere il permesso di andare a festeggiare con una cena il congedo, ce lo concede solo ad una condizione, quella di essere accompagnati al ristorante inquadrati e alle 23.00 rientro in caserma sempre accompagnati da un Sergente. Accettiamo, ma il Capitano non viene invitato.
Arriva il momento del congedo, ma solo per i miei commilitoni del 3° scaglione, mentre io vengo mandato in licenza per Natale e passo Capodanno in caserma e mentre stavo scontando il resto della CPR, mi facevano lavorare in modo disumano, i lavori più umili e i più faticosi erano miei.
Il giorno 09/01/1970 finalmente arriva il congedo. Dopo la solita adunata mi reco in camerata per preparare tutta la mia dotazione per poi consegnarla al magazzino vestiario, mentre sto facendo tutto questo, appare all' improvviso il Capitano e con quella voce inconfondibile mi chiede che cosa facessi in camerata, risposi che era arrivato il momento del congedo anche per me. Consegnai il mio corredo, subito dopo mi recai in fureria per ritirare la decade, saluto i componenti dell'uffici e mi reco nello spaccio dove offro da bere a tutti i presenti (compreso il nipote della crisi isterica), il Sergente di servizio mi perquisisce la mia valigia, saluto tutti con la promessa di rivederci quanto prima, e poi mi avvio verso la stazione ferroviaria, salgo sul treno e dopo 45 minuti arrivo a Bolzano, salgo sul Bus e dopo 20 minuti ero a casa. Posai la valigia e mi recai subito al distretto militare per firmare il congedo sempre in divisa sono ritornato a casa dove mi sono levato la divisa e l'ho messa in una borsa che poi consegnai alla Caritas e ho esclamato: E' FINITA !!!!!
Questa in sintesi è la storia della mia naja

Angelo Rizzato 3° 68    

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